A cura di Manuel Polli
Pireo, Grecia. Nel paese che “divora i propri figli” è il marzo 2003 quando Manos Paterakis e Nicos Retsos fondano i Gravitysays_i, con il nobile obbiettivo di accompagnare musicalmente le loro aspirazioni e, più in generale, le loro esistenze. Bisogna però aspettare 4 anni per l' uscita del primo lavoro in studio: pubblicato da “Sirio”, etichetta discografica fondata dal noto compositore ellenico Manos Hatzidakis, “The Roughest Sea” vede la luce nel 2007. Ispirato dall'egoismo e dall'isolamento che colpisce l'uomo moderno, ci troviamo di fronte ad un concept album ammantato da un clima minimale, con massicce dosi di synth ad arricchire il sound creato dagli strumenti classici del rock, con i 9 episodi del disco che non abbandonano mai la forma canzone ed aprono a piacevoli scenari pop.
Nel 2011 esce “The Figures of Enormous Grey and The Patterns of Fraud“ e le due lunghe suite che compongono l'album sono fin da subito segno tangibile che qualcosa nel gruppo è cambiato. Sfuggevole alle facili catalogazioni del genere, senza la spasmodica ricerca dei barocchismi e dei virtuosismi del progressive più classico ed al contempo privo di improvvisazioni perchè si possa parlare di post-rock, “The Figures of Enormous Grey and The Patterns of Fraud” suona come un moderno post-prog con vaghe spinte psichedeliche, ricco di accelerazioni dalle venature metal e dilatazioni ambientali su tappeti di timidi synth, con la presenza, quà e là, di strumenti a derivazione classica quali violoncello, dulcimer e glockenspiel. Corale ed epico allo stesso tempo, colpisce la carica emozionale da cui le 2 suite sono avvolte. Intensità, struggimento, enfasi i termini più ricorrenti durante l'ascolto di quest'album, con trame sonore coese a testimoniare una buona compattezza strumentale. Le liriche indagano sui valori sociali e morali della nostra epoca, dimostrando una scrittura che non ha perso lo smalto del lavoro precedente, oltre a quella sensazione di disillusione che riesce a trasmettere.
Particolarmente riusciti i momenti più rarefatti, periodi di calma non reale contraddistinti da una chitarra acustica che lascia presto spazio alle distorsioni elettriche, con la sezione ritmica che torna incalzante, impennando improvvisamente l'energia ed il pathos. Le due parti che dividono “The Figures of Enormous Grey and The Patterns of Fraud”, nonostante la loro relativa breve durata di 32 minuti, richiedono tempo e concentrazione (peraltro entrambi ripagati) e confermano i Gravitysays_i come bella realtà dell'indie-rock di marca ellenica. Altro che crisi.
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